14/07/2012
Francesco Marotta
Francesco
MAROTTA
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© Site Les Carnets d’Eucharis
© SOURCE PHOTO | PRIVEE
EXTRAITS
Il verbo dei silenzi
Francesco Marotta, Il verbo dei silenzi
Edizioni del Leone
Traduction de Raymond Farina
(Entre pupille et langue)
Tra pupilla e lingua
**
Erodée par l’infinité du feu
la pierre que je chante.
Seuil où s’enfonce un cri.
Eboulis d’alphabets par l’aube recueillis
dans ses silences de lumière.
Signes de fièvre
sur l’unique miroir sauvé
de l’incendie de l’ombre.
La mémoire parfois s’illumine
de ces fragiles voix
que gemme une errance de sable.
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Erosa da infinità di fuoco
la pietra che canto.
Soglia dove si addensa un grido.
Alfabeti franati l’alba raccoglie
nei suoi silenzi di luce.
Segni di febbre
sull’unico specchio scampato
all’incendio del buio.
La memoria talvolta si illumina
di queste fragili voci
gemmate da un vagare di sabbia.
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Paroles de sel
sur la pierre silencieuse des jours.
Un chant que remue le ressac
parmi des vagues semées d’écumes.
Parmi des lueurs incertaines.
Ici où un vers
vaut ce qu’il vit de temps
à l’insu de l’ombre
(une fleur d’aubes brûlées
façonnée sur la crête d’échos
absents)
inventer les lumières de la sentence.
La flamme est une voix en quête de demeure.
Obscur accent qui plie les cartes
de routes indéchiffrables.
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Parole di sale
sulla pietra silenziosa dei giorni.
Un canto che muove la risacca
tra onde seminate di spume.
Tra chiarori incerti.
Qui dove un verso
è quanto del tempo vive
all’insaputa del buio
(un fiore di albe bruciate
plasmato nella creta di echi
assenti)
inventare lumi di condanna.
La fiamma è voce in cerca di dimora.
Oscuro accento che curva le mappe
di rotte indecifrabili.
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Couleurs des syllabes
fêlées par le ressac du vent.
La mer aussi se nourrit des floraisons absentes.
Retourne à son lieu d’origine
la vague qui murmure
pétrifiée dans l’écho
comme flamme de vols déjà éteints.
Et la parole est air endurci dans les profondeurs.
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Colori di sillabe
incrinate da risacche di vento.
Anche il mare si nutre di fioriture assenti.
Ritorna al luogo d’origine
l’onda che sussurra
pietrificata nell’eco
come fiamma di voli ormai spenti.
La parola è aria indurita nei fondali.
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Eclats de vie
dans des livres brûlés.
Je disperse sur le sol des semences de cendres
pour que mes yeux puissent entendre.
Mes lèvres voir.
Dès que les ombres vont décroître
j’enlèverai mes mains du feu.
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Schegge di vita
nei libri bruciati.
Spargo semi di cenere al suolo
per avere occhi che sentono.
Labbra che vedono.
A ombre appena calate
ritirerò le mani dal fuoco.
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Fièvre subtile de la métamorphose.
Allumée sur la frontière
qui entre pupille et langue
rappelle le temps corrodé
ramifié en cercles de flamme.
L’éclair surgit de la blessure.
Parole qui devient obscure
si quand elle donne un nom au monde
toutes les choses révélées
ont déjà consumé leur plus secret visage.
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Febbre sottile della metamorfosi.
Accesa sul confine
che tra pupilla e lingua
ricorda l’età corrosa
ramificata in circoli di fiamma.
Il lampo è sorgente di ferita.
Parola che si oscura
se nominando il mondo
alle cose rivelate
ha già bruciato il volto più segreto.
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Le temps où demeurent les cris
est constellé de lumières
qu’assiège le silence.
Dans ce grumeau d’éclairs tourmentés
par des étoiles ayant erré sur des orbites inconnues
force ton regard
à combler l’air usurpé
afin qu’il se déploie
pour dépouiller les images
de la blanche superficie de la mort.
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Il tempo dove dimorano grida
è costellato di luci
assediate di silenzio.
In quel grumo di lampi tormentati
di stelle erranti per orbite ignote
costringi gli occhi
a colmare l’aria usurpata
affinché si spandano
a predare di immagini
la bianca superficie della morte.
■ Fiche bio-bibliographique :
Francesco Marotta est né à Nocera Inferiore, dans la province de Salerne en 1954. Il a fait des études classiques, est titulaire d’une licence de philosophie et de lettres modernes et vit dans la province de Milan, où il enseigne la philosophie et l’histoire. Ses textes et ses traductions ont été publiés dans les revues : Alla Bottega, Portofranco, Anterem, Convergenze, Il Segnale. Parmi ses recueils figurent Le Guide del Tramonto (Firenze, 1986) ; Memoria delle Meridiane (Brindisi, 1988) ; Giorni come pietre (Ragusa, 1989) ; Alfabeti di Esilio (Torino,1990) ; Il Verbo dei Silenzi (Venezia, 1991) ; Postludium (Verona, 2003) ; Per soglie d’increato (Bologna, 2006) ; Hairesis (Milano, 2007) ; Inpronte sull’acqua (Sasso Marconi, 2008) ; Esilio di voce (Messina, 2011).
En anthologies, il a fait paraître Creature di rogo (1995) et Notizie della Fenice (1996).
Ses textes ont été traduits en allemand, par Stefanie Golisch, en albanais, par Gezim Hajdari, en français et en espagnol. Ses contributions critiques (notes, recensions, préfaces, essais) sur des auteurs contemporains (Bonnefoy, Neri, Cepollaro etc.) figurent sur la toile ou sur son blog.
Il gère l’espace web : http://rebstein.wordpress.com
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09/07/2012
Eugenio Montale
Hommage àEugenio Montale
(1896-1981)
© Photo : Source Internet
(EUGENIO MONTALE)
■ http://eugeniomontale.xoom.it/
«Ossi di Seppia & Le Occasioni »
Extraits
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RIVIERE
RIVAGES
Riviere,
bastano pochi stocchi d'erbaspada
penduli da un ciglione
sul delirio del mare;
o due camelie pallide
nei giardini deserti,
e un eucalipto biondo che si tuffi
tra sfrusci e pazzi voli
nella luce;
ed ecco che in un attimo
invisibili fili a me si asserpano,
farfalla in una ragna
di fremiti d'olivi, di sguardi di girasoli
[…]
[extrait de « Rivages » in Os de seiche/Ossi di sepia]
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.
I LIMONI
LES CITRONS
Ascoltami : i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati : bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla :
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
[…]
[extrait de « Les citrons » inOs de seiche/Ossi di sepia]
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NOTIZIE DALL’AMIATA
NOUVELLES DE L’AMIATA
Il fuoco d'artifizio del maltempo
sarà murmure d'arnie a tarda sera.
La stanza ha travature
tarlate ed un sentore di meloni
penetra dall'assito. Le fumate
morbide che risalgono la valle
d'elfi e di funghi fino al cono diafano
della cima m'intorbidano i vetri,
e ti scrivo da qui, da questo tavolo
remoto, dalla cellula di miele
di una sfera lanciata nello spazio
e le gabbie coperte, il focolare
dove i marroni esplodono, le vene
di salnitro e di muffa sono il quadro
dove tra poco romperai. La vita
che t'affabula è ancora troppo breve
se ti contiene! Schiude la tua icona
il fondo luminoso. Fuori piove.
***
E tu seguissi le fragili architetture
annerite dal tempo e dal carbone,
i cortili quadrati che hanno nel mezzo
il pozzo profondissimo; tu seguissi
il volo infagottato degli uccelli
notturni e in fondo al borro l'allucciolio
della galassia, la fascia d'ogni tormento.
Ma il passo che risuona a lungo nell'oscuro
è di chi va solitario e altro non vede
che questo cadere di archi, di ombre e di pieghe.
Le stelle hanno trapunti troppo sottili,
l'occhio del campanile è fermo sulle due ore,
i rampicanti anch'essi sono un'ascesa
di tenebre e dil loro profumo duole amaro.
Ritorna domani più freddo, vento del nord,
spezza le antiche mani dell'arenaria,
sconvolge i libri d'ore nei solai,
e tutto sia lente tranquilla, dominio, prigione
del semso che non dispera! Ritorna più forte
vento di settentrione che rendi care
le catene e suggelli le spore del possibile!
Son troppo strette le strade, gli asini neri
che zoccolano in fila danno scintille,
dal picco nascosto rispondono vampate di magnesio...
...Questa rissa cristiana che non ha
se non parole d'ombra e di lamento
che ti porta di me? Meno di quanto
t'ha rapito la gora che s'interra
dolce nella sua chiusa di cemento.
Una ruota di mola, un vecchio tronco,
confini ultimi al mondo. Si disfà
un cumulo di strame: e tarli usciti
a unire la mia veglia al tuo profondo
sonno che li riceve, i porcospini
s'abbeverano ad un filo di pietà.
[extrait de « Nouvelles de l’Amiata » inLes occasions/Le occasioni]
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PERSONAE SEPARATAE
PERSONAE SEPARATAE
Come la scaglia d'oro che si spicca
dal fondo oscuro e liquefatta cola
nel corridoio dei carrubi ormai
ischeletriti, così pure noi
persone separate per lo sguardo
d'un altro? È poca cosa la parola,
poca cosa lo spazio in questi crudi
noviluni annebbiati: ciò che manca,
e che ci torce il cuore e qui m'attarda
tra gli alberi, ad attenderti, è un perduto
senso, o il fuoco, se vuoi, che a terra stampi,
figure parallele, ombre concordi,
aste di un sol quadrante i nuovi tronchi
delle radure e colmi anche le cave
ceppaie, nido alle formiche. Troppo
straziato è il bosco umano, troppo sorda
quella voce perenne, troppo ansioso
lo squarcio che si sbiocca sui nevati
gioghi di Lunigiana. La tua forma
passò di qui, si riposò sul riano
tra le nasse atterrate, poi si sciolse
come un sospiro, intorno - e ivi non era
l'orror che fiotta, in te la luce ancora
trovava luce, oggi non più che al giorno
primo già annotta.
[extrait de « La bufera e altro »]
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LA BUFERA
LA TOURMENTE
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro
che s'è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)
il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l'amore a me, strana sorella, -
e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio.
[extrait de « La bufera e altro »]
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Eugenio Montale est un poète italien né à Gênes le 12 octobre1896 et mort à Milan le 12 septembre 1981. Il a reçu le Prix Nobel de Littérature en 1975.
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L’oeuvre
Poésies, sept volumes, Gallimard, 1975-1998, traduction Patrice Dyerval Angelini
La poésie n’existe pas, Gallimard, 1994, traduction Patrice Dyerval Angelini
Voyage Florence-Gênes et autres récits insolites, La Fosse aux ours, 2001, traduction Patrice Dyerval Angelini
En France, La Fosse aux ours, 2004, traduction Patrice Dyerval Angelini
« Mon cher Piuma », correspondance Eugenio Montale-Sandro Penna, éditions du Rocher, 1999, traduction Sibylle Tribertelli
Correspondance Eugenio Montale-Italo Svevo, Librairie La Nerthe, 2006, traduction Thierry Gillybœuf
Papillon de Dinard, Verdier, 2010
Autres sites à consulter
EUGENIO MONTALE, Nel Sonno ■ Site Terres de Femmes
http://terresdefemmes.blogs.com/mon_weblog/2008/08/eugenio-montale.html
IMPRIMER
CLIQUER ICI Hommage à Eugenio Montale_Les Carnets d'Eucharis.pdf
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28/06/2012
Nathalie Riera, "Variations d'herbes" (une lecture d'Angèle Paoli)
Nathalie Riera, Variations d’herbes
Les éditions du Petit Pois, Collection Prime Abord,
Béziers, 2012.
AU BOIS SACRÉ DE SON CORPS
Lecture d’Angèle Paoli
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■■■ Dans les pliures ivoire des cahiers volants de Variations d’herbes se déploie un chant d’amour. Amour de la vie et de la nature, plaisir de l’éros, glissent à travers les poèmes-vagues de ce petit opus, séparés par des stries ondulées qui pourraient évoquer « les crinières de blé », ou le mouvement du vent dans le chignon défait de la belle, Bois sacré de son corps.
Dès l’ouverture de Variations d’herbes, la beauté rapide des chevaux engage la poésie de Nathalie Riera dans une course à vivre en harmonie avec une nature libre, dégagée d’entraves vaines. On pourrait croire à une traversée parfaite des chevaux dans le paysage, à la fusion idéale du cheval avec son amazone, si la femme n’était une amante de feu que le moindre geste, le moindre effleurement des doigts et des langues lance sans faux-fuyant ni atermoiement dans l’ardente effusion de l’amour :
lui dit : est lisse l’air de ta peau, hiéroglyphes tes lèvres où je m’attarde.
Et elle :
presque une danse
que nul n’oublie
je viens du feu
tiré du travail de mains jamais lasses
Et eux deux, dans la symbiose des corps aimants :
« (nos corps, je me relève, tu te redresses)
tout apaisement est fruit, le bon est notre demeure (viens !
donne-moi, tu aimes ça, portée par ce qui te plaît) »
Liés à cette triade, les « mots à venir » ― dont la lenteur à poindre exaspère parfois la poète friande ― lance sur les voies du poème celle qui n’a pas « d’histoire à raconter ». Étonnante composition de textes brefs, Variations d’herbes joue sur l’alternance des caractères en italique et en romain, joue des interlignages, mais aussi des parenthèses et des esperluettes, ensemble d’une écriture « botanique » portée par « l’amande la menthe » et toujours, dans un angle [in angulo], survient « la liesse des chevaux liés au monde ».
Les titres des poèmes, aux caractères sans empattement ― avec ou sans sous-titres, numérotés ou non ― sont à eux seuls variations ou louvoiements énigmatiques de phonèmes, de couleurs – noire ou grisée [alta voce ou voci grige a cappella] ―, d’options typographiques (avec ou sans capitale à l’initiale du mot-titre). À quel souci particulier de géométrie répondent ces dissemblances ? Rien de tangible qui permette de lever le mystère. Dès lors, se laisser porter par ces variations polyphoniques de la partition, annoncées dès la vignette grise et verte encollée sur l’aplat violine d’une couverture à double rabat. Se laisser porter par cette lenteur fluide des mots, là où la poète les voudrait « guêpes galops et vent », se couler avec elle dans l’espérance qui vit dans « une poignée de terre », traverser « le livre des eaux » dans la présence discrète et bienveillante du vert, « poésie parmi les lampes et les plantes ».
Toute la beauté du monde est au cœur des poèmes ― contrepoint de rythmes et d’images ―, comme elle l’est aussi dans les choix esthétiques de ce très élégant petit recueil. La beauté tient au corps de celle qui aime à faire palpiter la beauté au cœur de sa vie et des mots. Puisque beauté il y a. ■■■
JUIN 2012 © Angèle PAOLI
© D.R. Texte angèle paoli, juin 2012
Autres sites à consulter
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■Nathalie Riera lisant un extrait du recueil « Variations d’herbes »
21:27 Publié dans Angèle Paoli, Nathalie Riera, NOTES DE LECTURES/RECENSIONS | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
23/06/2012
Isabelle Ménival, "Khôl" par Tristan Hordé
Isabelle Ménival
Editions Argol, 2012
■ Site Les éditions Argol/ http://www.argol-editions.fr/f/index.php?sp=livAut&auteur_id=155
(…)
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■■■ La publication d'un premier livre de poèmes, surtout quand son auteur est très jeune, est un pari : on le souhaite gagné. La quatrième de couverture explicite les raisons du choix de l'éditeur : « Khôl, c'est la singularité et la violence d'un monde qu'elle [Isabelle Ménival] vit et éprouve, c'est déjà une maturité de la langue exceptionnelle. » C'est bien là, un regard particulier sur le monde et l'inventivité de la langue, ce que l'on attend de la poésie.
Pour lire l'ensemble, on partira du titre et de la citation en exergue. "Khôl", qui apparaît également dans le titre d'un poème et à l'ouverture d'un autre, évoque non pas l'Orient nervalien, mais la transformation du visage, le masque, l'indécision entre la figure et son reflet. Ce motif est présent à plusieurs reprises à propos de l'apparence du visage, présenté comme « masque aux yeux cernés » ; le maquillage, ce « papier carbone sur le visage », fabrique une manière de double, « métamorphose écarquillée dans l'absence », et dissimule quelque chose : il signale la difficulté à entrer dans le monde sans apprêt et peut-être oriente-t-il également vers une indétermination généralisée, annule-t-il de façon provisoire la séparation hommes-femmes — « il y a des années / j'habitais les corps / de femmes et d'hommes » (on sait la force qu'a le verbe "habiter"). L'absence de délimitation atteint régulièrement l'expression du lien amoureux, par le questionnement des frontières ( « ton corps c'est le mien ? »), et sans qu'il y ait fusion du masculin et du féminin par la tentative de ne pas choisir, d'accueillir « l'autre inconnu(e) indéterminé(e) ».
Il y a l'idée d'une séparation impossible à surmonter, d'une nécessité du masque pour qu'un passage soit possible entre le sujet et l'autre par les mots :
[...] je rêve que tu rêves à ce que je t'apprenne à foncer nos deux peaux ;
Les voix de la rue comme de petites cendres jetées de moi à toi à toi et sans retour.
Ce jeu des reflets est présent dans la composition même du livre : le second ensemble est titré "recto verso" ; il est encore dans la récurrence des quasi homophones, des anagrammes, des allitérations et des rimes répétées, qui introduisent de multiples échos ; voir par exemple : « de ces corps [...] décor ; tu plaides les plaies que tu planques sous pull ; floues / foule ; si proches tes propres premiers sons . hésitant / tant [...] », etc. — jeu jusqu'à l'ironie vis-à-vis de ce jeu : « perdues perverses perchées perturbées ».
Le trouble de l'identité a pour corollaire une relation malaisée au corps et un questionnement continu sur le temps, ce qu'annonce la citation de Proust mise en exergue : « Dire que j'ai gâché des années de ma vie, que j'ai voulu mourir, que j'ai eu mon plus grand amour, pour une femme qui ne me plaisait pas, qui n'était pas mon genre ! » (Du côté de chez Swann) Ce gâchis apparaît aussi dans Khôl, lié à une position du corps défait : « elle avachie par terre / avait perdu vingt ans ». Le temps, rien d'exceptionnel, modifie les corps « au fil des rides », pâlit la couleur des choses, et le désir de quitter « l'enfance interminable » n'aboutit pas à une plénitude rêvée, comme si rien ne tenait et que la menace de disparition obligeait à se saisir de l'instant dans l'instant même (« toutes les secondes qu'on a passées / même pas un jour entier »), parce que l'on sait « que tout s'échappe » et que cette disparition elle même doit être vécue : « c'était beau cette fois / l'amour qui se délite / emmêlé à ta voix ». On pourrait voir quelque complaisance dans cette visite d'un motif lyrique classique, où l'amour semble bien vaincre le temps : « quatre mêmes mains qui ne se tordent plus ne se lèsent plus / se foulent se découvrent », ce serait ne pas lire la lucidité d'Isabelle Ménival, qui prend ses distances avec la convention : « errer se perdre et jouir cf romantisme ». On ne peut être plus clair.
Cette distance se manifeste aussi dans la pratique du vers, précisément dans l'essai des formes. Le second ensemble débute par des vers courts placés au milieu des pages : on peut dire que c'est là reprendre un poncif de la poésie "moderne", et j'ajoute qu'Isabelle Ménival utilise allègrement tout ce qui signale aujourd'hui la poésie : absence de ponctuation (sauf deux fois un point dans le dernier poème), absence de majuscule en début de vers (sauf dans deux poèmes), petits groupes de vers "libres" séparés par des blancs, décalage des vers les uns par rapport aux autres. Mais elle introduit aussi les vers rimés et comptés, des heptasyllabes — « on rimait quelquefois / saoulés d'impairs » — ou des alexandrins, ou des vers comptés mêlés ; elle n'hésite pas à jouer avec la rime et le sens, associant "doliprane" à "cyclohexane" et "nymphomanes", "versatiles" à "virils" et "stériles"... La poésie n'a pas besoin de mots "poétiques" (d'où l'introduction de "jouable", "grave"), elle est dans cette redécouverte du lyrisme et du vers dans son histoire ; aussi dans le questionnement jamais apaisé de ce lyrisme, ouvert dans le dernier poème avec la répétition de "Regarde" et les deux derniers vers du livre :
Regarde
depuis toujours nos nuits blanches et noires portent ce songe
Il faut espérer qu'Isabelle Ménival continue à « briser la glace des normes », puisqu'elle sait déjà qu'« on peut casser / la norme sur papier ».
©Tristan Hordé LES CARNETS D’EUCHARIS
Juin 2012
23:51 Publié dans NOTES DE LECTURES/RECENSIONS, Tristan Hordé | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
22/06/2012
Nathalie Riera ("Orange trees" & "Je cherche ma maison")
Soirée de lectures poétiques, organisée par la médiathèque de Saint-Vincent (43) et Jacques Estager. Lectures de Sylvie Durbec et de Nathalie Riera avec un accompagnement sonore de Benoit Poly. Vidéo de Jean Cortial.
22:12 Publié dans LECTURES PUBLIQUES, Nathalie Riera | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
18/06/2012
Nathalie Riera, Variations d'herbes (une lecture de Sabine Péglion)
Variations d’herbes
Nathalie Riera
Les Éditi•ns du Petit P•is, 2012
Collection Prime Abord
Site éditeur Les éditions du Petit Pois/ http://cordesse.typepad.com/leseditionsdupetitpois
Une lecture de Sabine Péglion
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■■■ « Poème qui est élargir rendre intense ne pouvoir s’en tenir au lieu qui aurait perdu tout mouvement à croupir se tenir accroupi »
D’emblée le nouveau recueil de Nathalie Riera Variations d’herbes, nous entraîne au-delà de nous même par l’intensité des mots, porteurs de notre présence au monde.
Intensité de leur saveur, de leur rythme : autour d’eux, l’espace de la page se structure, joue avec sensibilité des blancs, des polices, recueille couleurs, matière en vertige des sens
Ici les langues se mêlent
« ad alta voce »,
parcours à fleur de mots, à fleur de peau, il nous invite avec bonheur à
« caresser le cuir du langage et les voyelles de jouir font tinter ta gorge ».
Et c’est bien de musique qu’il nous faudrait parler « variations » en allitérations, assonances, créant le tempo
« guêpes galops et vent dans la nuque »
on quitte l’enclos, on s’aventure dans la matière du monde.
Pulsation, « Escapade Escarpement Œil et Terre Corde harmonique sauter en hauteur »
On découvre « Terre pour l’âme ».
Ainsi les poèmes de Nathalie Riera nous ouvrent-ils à l’espérance :
« Parce que tant de beautés qui dorment en arrière de soi. Parce que toute espérance se trouve dans une poignée de terre, s’accroche à l’arçon de la selle. »
Encore faudra-t-il l’entre-voir, la retenir… à la poursuite de ses « voix aux fusains d’oiseaux »…s’attarder entre les vers que ce beau recueil nous offre en ce printemps.
© Sabine Péglion, juin 2012
(Texte mis en ligne sur le site de Pierre Kobel La Pierre et le Sel)
■ LA PIERRE ET LE SEL (Site de Pierre Kobel)
http://pierresel.typepad.fr/la-pierre-et-le-sel/2012/06/variations-dherbes-de-nathalie-riera.html
■ TERRES DE FEMMES (Angèle Paoli)
Extrait de « In angulo »
07:25 Publié dans Nathalie Riera | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
07/06/2012
Arvo Pärt: Cantus in memoriam Benjamin Britten
21:11 Publié dans MUSIQUE | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
31/05/2012
Les Carnets d'Eucharis - COMMUNIQUE DE PRESSE - Projet d'un numéro annuel en version papier pour Février 2013 + BULLETIN DE SOUSCRIPTION/ABONNEMENT
Les Carnets d’Eucharis, créés sur internet depuis 2008, sont un espace numérique sans but lucratif, à vocation de circulation et de valorisation des œuvres littéraires, de langue française et/ou étrangère, inédites ou tombées dans le domaine public. Faire partie d’un vaste projet de recherche et de reconnaissance dans les domaines des écritures contemporaines et des expressions visuelles (photographie, peinture, sculpture…). Publier, diffuser et promouvoir. Telles sont les principales visées des Carnets d’Eucharis, dont le rayonnement et la notoriété sur internet semblent être des éléments favorables à la création d’une revue imprimée : la publication d’un numéro annuel viendrait en complément des 4 carnets saisonniers gratuits et téléchargeables depuis http://lescarnetsdeucharis.hautetfort.com.
Le lancement de cette première édition annuelle est prévu pour février 2013 (pour un tirage de 250 à 300 exemplaires, et un volume d’environ 120 pages).
La création de cette revue papier entend fidéliser et élargir le lectorat internaute, et ainsi permettre une plus large accessibilité, autrement que par la lecture numérique.
Un Bulletin de Souscription sera prochainement diffusé sur internet. Pour ceux et celles désireux de soutenir ce projet, le bulletin proposera différentes formules d’adhésion. Au choix : un abonnement annuel à la Revue « Les Carnets d’Eucharis », et/ou un don de soutien à l’Association « L’Atelier des Carnets d’Eucharis ».
2012 | Revue électronique&papier Les Carnets d’Eucharis | (ISSN 2116-5548) |
APPEL À PROJET
☼
HOMMAGE À SUSAN SONTAG
A l’occasion de son premier numéro papier, la revue souhaite rendre hommage à l’écrivain et intellectuelle new-yorkaise Susan Sontag. A la recherche de divers textes inédits : recensions, portraits, critiques sur ses essais et/ou son œuvre romanesque, je vous remercie de m’adresser vos propositions à : nathalieriera@live.fr
☼
LE CHANTIER DU PHOTOGRAPHE
Dans le cadre de sa nouvelle rubrique Le chantier du photographe qui sera intégrée dans la revue papier, sont invités les photographes pour leurs contributions inédites : présentation d’un projet photographique à l’état initial.
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LES CARNETSD’EUCHARIS
Revuenumérique&papier
BULLETIN DE SOUSCRIPTION
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Nathalie Riera
Courriel : nathalieriera@live.fr
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14:13 Publié dans LES CARNETS D'EUCHARIS (pdf & calaméo), Nathalie Riera | Lien permanent | Commentaires (1) | Imprimer | | Facebook
Yves Bonnefoy - Agnès Prévost
Yves Bonnefoy/Agnès Prévost
Plusieurs raisons de peindre des arbres
Editions de Corlevour, 2012
Editions de Corlevour Réginald GAILLARD
97, rue Henri Barbusse
92110 CLICHY
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Yves Bonnefoy & Agnès Prévost – Editions Corlevour, 2012
Extrait du texte d’Yves Bonnefoy
"Hollan, Titus-Carmel, Ostovani, Assar, Alechinsky, maintenant Agnès Prévost, quelques autres encore. Pourquoi cet intérêt de tant de peintres aujourd’hui en France pour les arbres ? Je crois utile de me poser la question. (...)
L’arbre fut un des lieux et demeure aujourd’hui encore un des indices de l’immense crise de la relation de l’humanité à sa terre qui a inauguré la modernité. Et c’est pourquoi je ne m’étonne pas de le voir reparaître au premier rang des préoccupations de beaucoup dans l’heure présente, où il est de plus en plus évident qu’on approche d’un carrefour qui risque d’être l’ultime. À regarder de grands arbres, à réapprendre à les voir, à pénétrer le sens de leurs rythmes, à s’avancer dans l’intimité de leurs branches, à tenter ainsi, par des approches diverses, de rétablir le contact avec une vie que d’autres qu’eux méconnaissent, des peintres de notre temps prennent en charge ce grand besoin de ne faire qu’un avec ce qui est, un besoin dont le déni nous vaudrait la fin du monde, à peut-être brève échéance." Yves Bonnefoy
■ SITE A CONSULTER :
Editions de Corlevour
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PO&SIE - 139-140 (Corée 2012)
REVUE PO&SIE ǂ 139-140
COREE 2012
N° 139-140 – Ed. Belin, 2012
Poètes Coréens en France du 2 au 8 juin 2012
Durant toute l’histoire, si tourmentée de la Corée du Sud au XXème siècle (de la longue et brutale domination japonaise à la guerre de Corée – 1950-53 –, puis à la dictature militaire, jusqu’à l’établissement du régime démocratique aujourd’hui en vigueur), dans un pays où la division avec la Corée du Nord n’a pas fini d’avoir des conséquences dramatiques, la poésie a joué et joue un rôle de premier plan, souvent en opposition contre les diverses oppressions et pour la liberté sous toutes ses formes.
La poésie reste donc aujourd’hui très vivante en Corée. En témoigne par exemple le film Poetry de Lee Chang-dong, qui a connu un vif succès en France (en particulier au Festival de Cannes), et qui révèle l’intrication de l’écriture de poèmes avec des existences individuelles diverses, douloureuses ou soudain lumineuses...
A la poésie coréenne d’aujourd’hui,
la revue Po&sie (éditions Belin) consacre un numéro spécial (de plus de 300 pages) :
on pourra y lire vingt-sept poètes, dont certains sont très connus en Corée (et, pour certains, déjà traduits en français) et d’autres plus jeunes et à découvrir en France.
A l’occasion de la parution de ce numéro, la revue Po&sie (grâce au soutien de la fondation Daesan) a invité en France quatre poètes coréens parmi les plus marquants d’aujourd’hui.
On pourra donc, en trois occasions (au château de Chambord le 2 juin, à la Maison de l’Amérique latine le 4 juin et au Centre culturel Coréen le 6 juin), entendre et rencontrer :
Hwang Ji-u, poète célèbre en Corée (et qui fut jadis, comme opposant à la dictature militaire, emprisonné), photographe et plasticien – dont un magnifique recueil, De l’hiver-de l’arbre au printemps-de- l’arbre, a été traduit et présenté par Kim Bona chez WILLIAM BLAKE & CO. EDIT. 2006.
Kim Hye-soon, également très lue en Corée, en particulier par nombre de jeunes poètes (un volume en français est en préparation),
et deux poètes plus jeunes : Kwak Hyo-Hwan et Kang Jeong (poète-rocker de quarante ans).
Participeront également à ces rencontres les trois organisateurs de ce numéro : le professeur Jeong Myeong-kyo, Ju Hyounjin et Claude Mouchard.
08:44 Publié dans Po&sie | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
27/05/2012
Regards croisés sur l’Italie
Un paese innocente, à Paris, le 4 juin à 21h
Pour ce quatrième rendez-vous de nos regards croisés sur l’Italie, j’ai le plaisir de vous emmener dans un vagabondage poétique qui débordera allègrement les limites de la péninsule, et même de la latinité. Si l’ombre tutélaire de Giuseppe Ungaretti abrite nombre de ces poèmes, dont l’essentiel puise dans l’anthologie rassemblée sur On ne dormira jamais, l’idée qui les rassemble est très précisément une innocence pas tout à fait perdue si tant est qu’elle ait jamais existé, esquissant au plus près, pour tout dire, ce que je crois être au fond leur seule nécessité poétique. Et un corollaire aussi à une obscénité entendue, bien sûr, au sens premier du terme - que je salue encore dans l’œuvre de Carlo Bordini.
Merci aux chers amis Federica Martucci et Arturo Armone Caruso, lesquels offriront pour le bon déroulement de cette soirée la chaleur de leur compagnie et de leur voix.
Olivier Favier
22:04 Publié dans ITALIE, LECTURES PUBLIQUES | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
26/05/2012
Galerie Roy Sfeir (Jovian Gyorgy)
Jovian Gyorgy
Portrait de Kristof Erdody poète
Huile sur toile - Oil on canvas
40 x 40 cm
Galerie Roy Sfeir
6 rue de Seine - 75006 Paris
Tel : +33 (0)1 43 26 08 96
art@galerie-du-fleuve.com / www.galerieroysfeir.com
17:43 Publié dans Samagra/Roy Sfeir | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
Annemarie Schwarzenbach
De monde en monde Reportages 1934-1942
Editions ZOE
Traduit de l'allemand par Dominique Laure Miermont et Nicole Le Bris
© Editions Zoé
Parution 2012
ISBN 978-2-88182-850-8
352 pages
format 140 x 210 mm
prix 34.00 CHF — 22.00 €
Ecrivain, archéologue, Annemarie Schwarzenbach (1908-1942) fut aussi journaliste et photographe. Ses reportages la menèrent sur les routes du monde, d’Istanbul à Persépolis, de l’Europe centrale à New York, de Lisbonne à Brazzaville, de Madrid à Tanger. Les grands lointains l’attiraient irrésistiblement, mais elle ne perdait jamais de vue le dramatique combat du moment en Europe, la lutte contre le nazisme.
Entre 1934 et 1942 elle a publié, dans la presse quotidienne et les magazines, près de trois cents articles dont soixante sont présentés ici. Les rédactions de l’époque appréciaient son professionnalisme, ses connaissances d’historienne, la pertinence de ses questions, son style tour à tour alerte et poétique, l’humanité du regard qu’elle portait sur le monde des années 30. Arnold Kübler, rédacteur de la revue Du, témoigne : «Ses qualités personnelles et sa position sociale privilégiée assuraient à Annemarie Schwarzenbach des appuis dans le monde entier, et elle s’en est servi pour son travail. Elle avait facilement accès aux gens influents, mais elle s’efforçait par ailleurs de rencontrer ceux qui ne le sont pas, ceux dont la vie se déroule dans une étroite sujétion, les exclus, les laissés-pour-compte, les gens simples.»
17:01 Publié dans Annemarie Schwarzenbach | Lien permanent | Commentaires (1) | Imprimer | | Facebook
Galerie Depardieu (Eliz Barboza)
Exposition hors les murs #3
Galerie Depardieu
Eliz Barbosa
« Botanique »
Du 26 MAI au 9 JUIN 2012
Vernissage samedi 26 mai 2012 à partir de 16h
"Racinus" gouache sur papier, décembre 2011, 60x60 cm
La Galerie Depardieu, "hors les murs"
vous invite 18 avenue des fleurs 06000 Nice
tél 0 493 96 40 96 - galerie.depardieu@orange.fr
(au fond de l'impasse, entre le Consulat de Tunisie et le CROUS)
Parking Palmeira - Bus n° 38 av. des Fleurs - 3, 9, 10, 14, 22, rue Bottero - 7 Alsace Lorraine
16:42 Publié dans Christian Depardieu | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
Revue Nunc 27
Editions de Corlevour
Revue Nunc
97, rue Henry Barbusse 92110 CLICHY
contact reginaldgaillard@aol.com
site www.corlevour.fr
Nunc n°27
Dossier G.M. HOPKINS
16:18 Publié dans Nunc | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
21/05/2012
Béla Tarr (Interview) Le Cheval de Turin
22:15 Publié dans VIDEOS, ANIMATIONS, DOCUMENTAIRES | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
20/05/2012
Isabelle Lévesque
Ossature du silence
Isabelle LEVESQUE
■■■ Isabelle Lévesque est née en 1967, aux Andelys, lieu de vie, lieu fondateur, au pied de Château-Gaillard, formidable forteresse dont les ruines sont, dit-elle, fructueuses.
C'est de là que naît la poésie de Ossature du silence que viennent de publier les éditions des Deux-Siciles de Daniel Martinez. C'est à la fois un retour à une enfance – le recueil est dédié à ses parents – et la poursuite d'un dialogue avec ce père disparu qu'elle veut porter mais dialogue salvateur par la vertu du poétique. Un recueil où sont mises en regard des textes plusieurs encres de Claude Lévesque. LIRE LA SUITE (recension de Pierre Kobel)
Site La Pierre et le Sel
Editions Les Deux-Siciles
© http://http://diereseetlesdeuxsiciles.com
Ossature du Silence - Isabelle LEVESQUE
livre orné d'encres inédites de Claude LEVESQUE
Préface de Pierre Dhainaut
48 pages
Editions Les Deux-Siciles. 12 €.
es-tu château
ou l’ombre du silence (forme humaine)
as-tu soupirs de géant
milliers d’insectes en gorge râpeuse
respirant la terre
le géant ne sent rien respire
chaque souffle expire
une pierre
es-tu nuée sourde sur la proie (aucune chance)
tu virevoltes geste fou d’une courbe
ne s’arrête comme
encre en tache et page
loin du buvard flot noir apparu
surface couvre
es-tu quelque part en présence surprise
ou patte d’un bourdon
perdu dans la lutte
percer le corps sombre minéral
érode
la pierre grave le socle
enfonce
château dressé (faille en terre)
In Ossature du silence, © Les Deux-Siciles, 2012, p.13
20:59 Publié dans Isabelle Lévesque | Lien permanent | Commentaires (0) | Imprimer | | Facebook
Jean-Pascal Dubost
Tristan Hordé
Jean-Pascal Dubost
et leçons et coutures
Editions Isabelle Sauvage, 2012
136 pages, 20 €
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■■■Le titre est suivi, comme on le faisait par exemple au XVIe siècle, d'un long sous-titre qu'on peut lire comme un poème, avec un jeu facétieux de rimes et assonances (inachevable /improbable /gaillarde) ; repris page 75, il convient tout à fait pour dire ce que sont les poèmes de Michel Leiris. Titre et sous-titre se prêtent à de multiples interprétations, ce qui correspond au contenu du livre ; leçons cumule ici nombre de significations, dont celle courante au Moyen Âge et toujours en usage de "lecture" : lecture des 99 auteurs convoqués ; quant à coutures, qui se rattache à "coudre", il avait en ancien français pour homonyme couture (que l'on retrouve aujourd'hui en toponymie), doublet de culture, lié à cultiver ; les deux mots du titres sont d'ailleurs réunis dans le mot valise "lec[ons/cou]tures". Les coutures, affirme d'emblée le sous-titre, sont faites de « bousigues assez visibles » ; cette indication présentée comme une explication déroute : ne peut être visible que l'observable, or "bousigues" est absent des dictionnaires que le lecteur consultera et le contexte n'est pas éclairant — son sens, "coutures grossières", n'est donné, en note, que plus tard, dans les "Notes préambulaires" (p. 7). D'autres surprises attendent le lecteur quand il entre dans la broussaille du sous-titre trompeur, qui semble ne rien dissimuler quand il définit le livre comme une "lectobiographie", mais il est précisé qu'elle est « complexe », « cryptée », « inachevable »... Les derniers mots, entre parenthèses, « (livre de dettes) », pourraient accompagner toute publication, si l'on accorde que rien ne s'écrit sans la mémoire, vive ou non, de ce qui a été lu.
Comment Jean-Pascal Dubost règle-t-il ses dettes ? D'abord en donnant en exergue trois citations qui, de manière différentes, répètent que toute écriture se construit à partir de lectures : Montaigne (très présent ensuite), Valérie Rouzeau et Haroldo de Campos. Aucun hasard dans ce choix : un écrivain du XVIe siècle, qui reporte à un passé que Jean-Pascal Dubost affectionne, une écrivaine contemporaine dont on sait qu'elle intègre (comme Montaigne) dans sa poésie ce qu'elle lit et voit, un écrivain hors de nos frontières qui a su relire la tradition poétique. Une courte introduction précise en quoi le plagiat est « un des fondements de la littérature » (p. 7), donnée comme une « longue chaîne citationnelle et re-citationnelle ad infinitum, aux transformations personnalisées au gré des époques traversées » (p. 8).
Ces transformations, Jean-Pascal Dubost les pratique « en une autre langue, assavoir dans la langue naturelle de l'auteur : hors du commun ; cryptée » (p. 9), « une langue tout à la fois populaire, vulgaire, verte, littéraire et documentée » (p. 12). Cette langue comporte de nombreux mots et tours du Moyen Âge et de la Renaissance, mais aussi des créations verbales — qui peuvent être dites telles : « le mot "babouineur" est une invention », p. 19 —, des énumérations (voir Rabelais), le goût de la fatrasie, l'emploi parodique d'allitérations : « Qui veut connaître [...] s'enfoncera dans une forêt fabuleuse fichu d'un foutu fonds de forces fidèles pour lutter [...] » (p. 93), etc. Ajoutons encore dans cette introduction le recours aux notes ; elles seront abondantes ensuite, pour préciser un point, définir un mot ou une expression, proposer au lecteur d'aller lire autre chose — ou l'égarer.
Viennent ensuite les poèmes, puis une table des auteurs et le livre se ferme sur "Le complexe Dubost (phrases lares)", formé d'un ensemble de citations sur l'écriture et la lecture, sur la complexité, dont la dernière, isolée, avec le nom de son auteur (James Sacré) en tête, suggère que la composition du livre n'est pas aussi préparée qu'on la souhaitait : quel que soit le plan prévu, « le livre quand même / Se continue / Autrement qu'on l'avait prévu » (James Sacré, cité p. 131).
Quels auteurs sont présents ? 99, nombre qui donne plus l'idée de l'inachevable, à mes yeux, que 100. Il s'agit pour un bon tiers d'écrivains français du XXe siècle, pas toujours "poètes" (Pierre Michon), pas toujours reconnus (Henri Simon Faure), parfois essayiste (Paul Zumthor) ; le Moyen Âge (8) et la Renaissance (10) ont une belle part ainsi que les écrivains de langue anglaise (19), plus que le XIXe siècle (9, dont un gastronome écrivain, Grimod de la Reynière) ou le XVIIe siècle (5) français. On ne peut dans un court article lire et chiffrer ce qui est écrit pour chaque écrivain retenu. Lisons la prose poème consacrée à James Sacré puisque lui sont prêtés les derniers mots du livre ; on peut y repérer quelques aspects du travail de Jean-Pascal Dubost.
James Sacré Comme tout le monde se plaint
de la cruelle envie que la nature porte aux longueurs
de nos jours et comme tut rien turne en declin,
quoiqu'on vous jure sur la tête d'un God
qu'on va moraliser les banques et les patrons
voyous, il était acquis d'avance que ce poème
sué, soufflé, rendu, raterait la couche du moche
et serait raté ni d'aucune aide, et du coup, n'en
est pas un —
On sait que James Sacré progresse parfois dans un poème en s'interrogeant sur ce qu'il écrit et, ce faisant, doute de la nécessité du poème : c'est bien de cela qu'il s'agit ici. Par ailleurs, James Sacré a publié un choix de poèmes de Jean de Sponde, d'où la citation de deux vers tirés d'un sonnet. Le vers de Wace qui suit (tiré de la fin du prologue du Roman de Rou) renvoie, lui, aux textes qu'apprécie Jean-Pascal Dubost, et le contrepet ("la couche du moche") est une des manières qu'il a de bousculer les bonnes manières dans l'usage de la langue, tout comme l'inexistence d'un lien entre les deux propositions [quoiqu'on vous jure...] et [il était acquis...].
Il est, évidemment, exclu de découvrir la source de toutes les citations, et je soupçonne quelques inventions dans ce domaine. Pour les textes, on se réjouit par exemple de lire un pastiche de Pascal Quignard (un autre amateur du passé) dans les premières lignes qui lui sont consacrées, et l'on ne peut qu'approuver un passage de la longue note accompagnant le poème "Jehan de Bretteville" — dont le nom est absent du catalogue de la Bibliothèque nationale...—, à propos de la « déambulation hasardeuse et meneuse de trouvailles inattendues », que l'on applique sans peine à ce livre qu'il faut lire et relire.
On peut s'attarder aux proses-poèmes d'ouverture et de fermeture : la première, pour William Carlos Williams, affirme une absence, « Aucune idée pour ce poème — », et la dernière, en image inversée, l'infinité des lectures avec Pierre Michon, « J'écris sous la tutelle d'un vieux Pan de bibliothèque ». On peut lire aussi une manière d'art poétique dans le second poème consacré à un écrivain imaginé, Tortore1 ; est répété à deux endroits, huit fois de suite, « travailler la langue » et sont énumérés des substituts à "poésie" et "poème" (comme on pourrait les lire, par exemple, chez Ponge ou Stéfan) : pohésie, pouème, pohérésie, proème. S'ajoute l'emploi d'un mot dialectal et d'un mot de l'époque médiévale (avec note explicative pour chacun), une construction syntaxique pour le moins inhabituelle (« or qu'ici non donc, ») et un renvoi, avec « en façon bien estrange », à la naissance de Gargantua (chapitre 6). Un programme loin de tout lyrisme : on comprend qu'Alphonse de Lamartine soit rejeté :
Voici par ailleurs une fondamentale détestation
qui ne peut se taire ores car, j'ai tué le temps
longtemps souvent, j'ai tué Dieu dans l'œuf et
Pieu le der, j'ai tué les muses au berceau, j'ai
tué le génie dla langue, j'ai tué mon père, ma mère,
mes frères et mes sœurs, et c'était le bonheur,
j'ai tué le bonheur, j'ai tué ma langue de bœuf rude,
j'ai tué la beauté, trop assise, j'ai tué l'âme en faisant
l'âne, du moins je crois, [...] j'ai tué Alphonse
et Lamartine et tant bien d'autres encore jusques
y compris des toujours vivants, mais récatonpilu2, ne
me pardonnez pas, car je savais ce que je faisais,
j'ai tant et tellement tué, que je suis bien vivant —
(p. 107)
Jean-Pascal Dubost est bien vivant, en effet, et ses leçons et coutures (pas si visibles que ça) sont une lecture des plus revigorantes. ■■■
Tristan Hordé
Les carnetsd'eucharis (mai 2012)
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19/05/2012
Anise Koltz
Je renaîtrai
Anise KOLTZ
Lecture Georges Guillain
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■■■ Anise Koltz est née au Luxembourg, le 12 juin 1928. Poète, elle est l’auteur d’une œuvre importante écrite en allemand, en français et en luxembourgeois.
En 2008, le Prix de Littérature francophone, Jean Arp[1], lui a été remis. Elle préside aujourd’hui l’Académie européenne de Poésie.
Ouvrage d’une grande dame de plus de quatre-vingts ans, Je renaîtrai – un titre significatif bien entendu - frappera d’abord par le caractère énergique d’une poésie n’accordant rien à la nostalgie, toujours résolument tournée qu’elle se veut, vers le présent et l’avenir. Cette disposition s’accompagne d’une ouverture au monde, inquiète et large, couvrant aussi bien les territoires secrets de l’intimité que la réflexion avivée sur la langue, pour ne rien dire de notre précaire et violente condition.
Les textes de ce recueil sont en général brefs, composés de strophes et de vers courts. Cela confère à chacune de ces pages, pouvant être prise isolément, une netteté, une efficacité, auxquelles la force particulière de l’expression, le plus souvent ancrée à la première personne, communique une sorte d’évidence mystérieuse, de clarté pénétrante qui pousse à la réflexion.
Allant systématiquement à l’essentiel, le poème d’Anise Koltz s’attaque en effet aux plus hautes questions qu’elles soient, par exemple, celles de l’être confronté à ses profondeurs adverses comme dans ce texte intitulé En moi : Des loups vivent en moi/ hurlant dans mes plaines enneigées// Crèveront-ils/ ou les égorgerai-je ?
celles de l’individu réagissant à certaines formes de barbarie sociale: Les disciples de Dieu/ marchent au pas de guerre// Leurs souliers/ font éclater les pavés// Je n’ajoute pas mon pas/ au leur// Berger de mes péchés/ je pars en transhumance
ou celle encore des oppressantes relations familiales: Mon père est mort// Mais son couteau de sacrifice/ reste brandi au-dessus de ma tête/ il me menace/ dans la lune croissante et décroissante// Tandis que le jour tombe/ au bord du chemin.
La relation d’Anise Koltz avec le monde est à l’image de ce qu’elle nous dit, à la page 108, de son rapport particulier avec Dieu, fait tout entier d’audace, de volonté de savoir, de comprendre, jamais de soumission, : Dieu/ quand je t’exhorte à me montrer/ ton royaume/ tes murailles/ le torrent du bien et du mal -/ tu me jettes l’enfer à la figure// Moi je t’affronte avec mon sang vivant/ je ne crains ni ton fouet/ ni tes crocs.
On le voit, le livre d’Anise Koltz n’est pas un livre apaisé, apaisant. Pas le livre d’une nonagénaire dont le temps aurait amorti la révolte, l’exigence sinon la sensibilité. Pas le livre non plus d’une aïeule s’essayant enfin à nous communiquer une sagesse plus ou moins lentement ou difficilement conquise. Non qu’on n’y trouve pas le fruit d’une expérience. Bien au contraire. Mais cette expérience qui s’affirme à travers un certain nombre de vers à valeur d’aphorismes ne vient pas tarir l’interrogation ouverte sur la vie, le nécessaire tâtonnement existentiel et le désir profond d’expression, conçu non comme un moyen rassurant de se définir mais comme perpétuelle et anxieuse réinvention de soi : D’inquiétude en inquiétude/ mon angoisse s’accroît// Je ne transforme pas les mots/ ils me transforment/ ils me hantent/ ils m’observent/ d’un mauvais œil/ Prise de folie/ je me précipite dans le langage/ le maltraitant/ afin qu’il me réponde.
A travers le livre de cet important poète de nationalité luxembourgeoise qui a choisi de s’exprimer à travers notre langue, ce qui finalement s’affirme, c’est le tête à tête irréductible avec la vie d’une personnalité forte, certes, parvenue au soir extrême de son existence mais qui ne renonce toujours à rien de son énergie créatrice et de sa volonté d’être.
Tu es le continent/ que je découvre// Je débarque en toi/ avec ma caravelle// La croix du sud/ oscille dans le ciel/ annonçant d’heureux présages// J’enterre ma montre/ dans le sable.
© Georges Guillain
Anise Koltz est née le 12 juin 1928 à Luxembourg. Je renaîtrai vient d’être publié aux éditions Arfuyen. Le livre est dédié à la mémoire de sa grand- mère.
Extraits
J’ai escorté mon nom
jusqu’à l’oubli
Demain je renaîtrai
surgissant de l’argile
Mon ombre gravite déjà
autour d’une nouvelle effigie
De génération en génération
Ma mère m’a passé sa peau
transmise
de génération en génération
comme un uniforme troué
d’une guerre
longtemps révolue
Nos corps
Nos corps
sont soudés l’un à l’autre
La même formule d’algèbre
dans le sang
nous nous multiplions
Sous notre peau commune
l’univers s’étire et se dilate
Une apparence
Je ne suis pas moi
je ne suis qu’une apparence
Mon image me couvre
telle une vieille couverture
J’erre comme un point d’interrogation
un verbe sans sujet
A la fenêtre
La lune pleine
recouvre les mendiants
de sa lumière empruntée
Tandis que l’odeur du sang
court les rues
une femme suspend
son hymen à la fenêtre
pour le faire sécher
Vous êtes des morts-vivants
Votre soleil est sans feu
vos dieux s’écroulent
dans les temples
Prenez-moi en otage
si vous existez
Montrez-moi vos tombes
je sauterai sur les dalles
qui recouvrent vos yeux
Au-delà de ma mort
je vivrai
je vous combattrai
sous terre
La même langue
Pouvons-nous continuer
à parler la même langue
celle qui a servi toutes les horreurs de la guerre
le mercantilisme
la dévastation
Ne faudrait-il pas la renouveler
comme nous filtrons
une eau polluée
pour faire revivre
plantes et poissons
Refus
Je refuse de renaître
ma route devient trop étroite
Sans repères
je marche avec une boussole
à l’intérieur de mon corps
Suspendue seulement au monde
par une épingle de sûreté
Je me transforme
Mon poème est une cabine
dans laquelle je me déshabille
un rideau épais me séparant du monde extérieur
Confrontée à mon corps flétri
j’envisage d’autres possibilités de vie
je trace des cercles dans le ciel
avec les éperviers
je vois le monde d’en haut
Puis je me transforme en désert
là où vie et mort se mélangent
et où un sable charitable
finira par me recouvrir
Ma tombe
Ma tombe ne sera pas assez grande
j’ai la tête trop pleine
de ceux que j’aime
Il me faudra de l’espace
pour que tous
puissent se mettre debout
dans chacune de mes pensées
Editions Arfuyen
[1] Le Prix de Littérature Francophone Jean Arp se donne pour vocation d’appeler l’attention sur l’œuvre d’écrivains qui ont fait le choix de mener leur travail à l’écart de la pression commerciale et médiatique et privilégient l’intégrité de leur travail sur tout souci de reconnaissance immédiate. Il distingue, pour l’ensemble de son œuvre, un écrivain francophone de premier plan, dont le travail est particulièrement remarquable par l’originalité et la qualité de son écriture, quel qu’en soit le genre, comme par la vigueur et l’amplitude de sa vision.
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Galerie 22
COMMUNIQUÉ DE PRESSE
Kehinde ADEWUYI, Isabelle DURAND,
Christiane FILLIATREAU, Florian ROSIER, Akiko TORIUMI
du 3 août au 2 septembre 2012
Vernissage vendredi 3 août à partir de 18h30
Isabelle DURAND
INFO PRESSE et demande d’images en haute définition :
Tél. 04 90 71 85 06 / 06 07 66 93 41
Galerie 22 contact@galerie22contemporain.com
267 route de Gordes Coustellet 84220 Cabrières d’Avignon
■Télécharger Dossier de Presse ICI
© Galerie 22 -2012
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